Roma, 25 gennaio 1983
Illustre e caro Presidente Pertini,
Come forse sa, sono da poco più di un anno ospite dell’Italia, Paese che ammiro e amo, dove sto completando la realizzazione di un film, Nostalghia, prodotto dalla RAI. Se trovo il coraggio di scriverLe questa lettera è solo perché confido che il Suo autorevole intervento possa, almeno temporaneamente alleviare la mia situazione. Premetto che io non sono, nel mio Paese, un “dissidente”: la mia reputazione politica, in Russia può essere definita molto buona. […] Purtroppo in vent’anni, e non certo per causa mia, sono riuscito a realizzare solo cinque film. Il motivo principale è stato la mia determinazione a girare soltanto film miei, cioè scritti e pensati da me, film d’autore come si dice in Italia, e non film ordinati dai capi della cinematografia sovietica. Di conseguenza, girare un film nel mio Paese è diventato sempre più difficile. […] Il pubblico sovietico, specie i giovani, amano i miei film. E così accade, generalmente, negli altri Paesi fuori dalla Russia. Non ho ottenuto, nell’Unione Sovietica, nessun premio o riconoscimento per il mio lavoro. Eppure, in tutto il mondo, i miei film venivano accolti favorevolmente, e premiati nei festival, facendo guadagnare prestigio al cinema sovietico. Venivano venduti all’estero, per esservi distribuiti, ma su queste cifre non mi era riconosciuto alcun compenso. […] E dunque, solo per un caso fortunato, dopo una battaglia durata quasi 4 anni, il ministro Ermas ha acconsentito a siglare un contratto con la RAI, per questo film scritto e diretto da me. Ora il mio film Nostalghia è in fase di montaggio. […] Quello che ora mi aspetta io lo so. Finito questo film, se mai riuscirò a finirlo restando a Roma, mi faranno rientrare in Unione Sovietica lasciandomi senza lavoro. Come potremo vivere, la mia famiglia e io, proprio non lo so.
Deve sapere, caro Presidente Pertini, che a Mosca io ho tre figli, una ragazza di 23 anni, un ragazzo di 21 (già abbastanza autonomi) e un bambino di 12, Andrej, che attualmente abita presso mia suocera. Mia suocera è una donna molto anziana, quasi inabile. Il piccolo è di salute malferma, soffre di difficoltà cardiache. Poiché mia moglie Larisa ha ottenuto il permesso di raggiungermi a Roma, dove lavora con me come aiuto regista, Andrej viene praticamente tenuto a Mosca come ostaggio. Mi hanno proibito di portarlo con me in Italia.
Spero di essere riuscito a farLe capire qual è, oggi, la mia situazione. Intanto in Italia mi si offrono concrete possibilità di continuare a lavorare. […] Mi giungono nuove proposte di film: mi si propone, ad esempio, di realizzare per il cinema un Amleto, che è sempre stato il mio sogno. […] A questo punto, vedendomi chiusa ogni altra strada, io mi permetto di pregarLa, Presidente Pertini, affinché Lei si rivolga con una lettera al capo del Governo sovietico, Andropov, per chiedergli che acconsenta – in nome dell’amicizia e della collaborazione fra i nostri due Paesi – a prolungare la mia permanenza in Italia per un periodo di due o tre anni, così che io possa dedicarmi a lavorare come docente in questa scuola di cinematografia che sto promuovendo. Nello sesso tempo La supplico di rivolgere, alle autorità del mio Paese, un invito ufficiale perché consentano a mia suocera, a mia moglie Larisa e al mio figlio più piccolo Andrej, di venire presso di me a Roma, per lo stesso periodo di tempo: così che io possa occuparmi da vicino della loro sussistenza e della salute del bambino.
Ho 50 anni. Ho il desiderio e bisogno di lavorare. Continuerò a riconoscere e a rispettare le autorità del mio Paese, ma desidero ricambiare la generosità di questo Paese che ora mi ospita, offrendogli ancora per qualche anno il mio lavoro.
Mi auguro, presidente Pertini, che il Suo autorevole intervento meriti ascolto presso i capi del mio Paese. Le sono fin d’ora grato per quanto potrà fare.
Con l’espressione della stima più sincera,
Andrej Tarkovskij
FONTE: Andrej Tarkovskij – DIARIO (Martirologio) – Edizioni EdM