Qualche giorno fa mi aggiravo all’interno di una grande libreria alla ricerca di un buon libro da leggere. Ho percorso interminabili ed eleganti corsie fatte di scaffali pieni zeppi di libri ammiccanti, ho visto tante copertine e ho letto tante trame. Fino a che non mi sono imbattuto in lei, in Lorenza Mazzetti. Un nome per me fino a quel momento sconosciuto. Il libro, Diario londinese, mi ha attratto come una calamita. Io amo tutto ciò che riguarda Londra (sono convinto che in una vita passata io sia stato un londinese!) e non appena ho aperto il libro e ho cominciato a leggere le prime righe ho capito subito che era la lettura che stavo cercando. Mi sono seduto sui comodi divanetti della grande libreria e ho cominciato a leggere. In men che non si dica sono arrivato a metà libro e ho deciso di comprarlo. Ho finito di leggerlo ad alta quota, su un aereo, tutto di un fiato! Lorenza Mazzetti, regista-scrittrice-pittrice classe 1928, racconta parte della sua vita e soprattutto dà spazio alla sua importante esperienza londinese degli anni Cinquanta quando da Firenze vi si trasferì per studiare alla Scuola d’arte. La storia della sua famiglia è particolare: orfana dei genitori, venne affidata assieme alla sua sorella gemella Baby alla famiglia di suo zio, Robert Einstein, cugino del grande fisico Albert. La famiglia Einstein viveva a Firenze ed era ebrea e per questo motivo la moglie di Robert e le sue due bambine vennero trucidate dai tedeschi. Lo zio Robert non resse al grande dolore e si tolse la vita. La vita ha reso Lorenza Mazzetti orfana due volte. Londra dunque si prospetta anche come una grande fuga da questo immenso dolore. Un nuovo inizio, senza avere neanche l’ombra di un quattrino in tasca. Diario londinese racconta questa esperienza. E la racconta in un modo semplice, scorrevole, a tratti umoristico e a tratti molto amaro. Nel libro si parla dei due film che Lorenza, fondatrice con alcuni suoi colleghi e amici del Free Cinema Movement, girò nella capitale inglese usando pochi mezzi tecnici e come attori amici conosciuti lì e comparse scelte per strada. Il primo film che Lorenza girò si intitola K ed è basato sul racconto del suo idolo Franz Kafka, Le metaformosi. Il secondo si intitola Together (1956) e racconta la storia di due operai sordomuti dell’East End londinese. Nel libro si racconta come è avvenuta la scelta della location (un’ampia zona sterrata, un varco aperto dalle bombe di Hitler) e come il film è stato costruito. Grazie all’interruzione ricorrente del sonoro, Lorenza Mazzetti riesce a mostrarci il mondo visto dai due sordomuti e riesce a descrivere mirabilmente il senso di alienazione e straniamento da ciò che ci circonda. Ieri sera, desideroso di documentarmi maggiormente su questa artista, sono andato a comprarmi il film e l’ho visto. Molto bello davvero. Personalmente credo che questo senso di emarginazione lo si provi ogni qualvolta ci si trasferisca in un posto nuovo, soprattutto in una terra straniera. Siamo un po’ tutti sordomuti quando non riusciamo a capire cosa ci viene detto e quando non riusciamo a comunicare con gli altri. Ma credo anche che in Together ci sia fortemente il dolore muto per la perdita della famiglia Einstein, per l’eccidio operato dai tedeschi ai danni degli ebrei, per il blocco emotivo che è scattato in molti sopravvissuti all’indomani della guerra e che li ha spinti a non parlare e a tenersi tutto dentro. Descrive questo e altro nel suo libro, Lorenza Mazzetti. È una lettura che Vi consiglio vivamente. Precedentemente l’artista ha scritto anche un altro libro, Il cielo cade. Qui parla più approfonditamente di cosa successe alla famiglia Einstein e dello sterminio nazista vissuto in prima persona quando era ancora una ragazzina. Perché come dice lei, “i tedeschi mi fecero cadere il cielo addosso”. Da questo libro hanno tratto anche un film con protagonista Isabella Rossellini. Il cielo cade è di sicuro la mia prossima lettura. Mi aggirerò ancora fra quegli scaffali della grande libreria alla ricerca del suo nome, Lorenza Mazzetti, nome che adesso conosco e di cui mi dispiace non aver saputo prima. Ma come dico sempre, non è mai troppo tardi.
EMS